Una delle tecniche decorative maggiormente impiegate nel campo dell’arredo e di conseguenza nel restauro, è stata la doratura, utilizzata per valorizzare la bellezza dei mobili.
Il termine usato per definire l’impiego dell’oro come rivestimento di arredi, include varie tecniche di applicazione del metallo sulle superfici.
In base allo stato in cui si trova l’oro si parla di:
- doratura a foglia
- doratura a polvere
in base al tipo di legante utilizzato per farlo aderire al supporto, si parla invece di:
- doratura a guazzo, se il legante è a base d’acqua
- doratura a missione se a base di oli
PROCEDIMENTO DELLA DORATURA IN EPOCA BAROCCA
La doratura classica, utilizzata nel periodo barocco, è quella denominata a foglia ed eseguita a guazzo. Di origine antichissime, consiste nell’applicare su una superficie (precedentemente preparata con vari strati di colla e gesso) sottilissime lamine d’oro che vengono in seguito brunite attraverso l’uso di pietre d’agata o denti di lupo.
REALIZZAZIONE DELLE FOGLIE D’ORO
L’antico procedimento attraverso il quale i battiloro ottenevano sottili foglie del prezioso metallo consisteva nell’interporre un frammento d’oro tra due fogli di cuoio (pelle di battiloro) battendolo poi con un martello a testa larga fino a raggiungere lo spessore desiderato.
PREPARAZIONE DEL SUPPORTO
Si procedeva poi a isolare il supporto ligneo con una stesura di colla animale forte; a questa si sovrapponevano almeno otto strati di una miscela di gesso e colla di coniglio.
Dopo aver levigato scrupolosamente l’ultimo strato di gesso, il doratore procedeva alla stesura del bolo, un’argilla di colore variabile dal rosso al giallo, al nero; questo caratterizzava la tonalità della doratura, essendo le lamine così sottili da essere quasi trasparenti.
Il bolo veniva macinato e stemperato in acqua e chiara d’uovo battuta a neve; poi il doratore lo stendeva in più mani con un pennello molto morbido, facendo attenzione a non toccare la superficie con le dita (la sola sudorazione della mano poteva compromettere l’aderenza della lamina); una volta asciutto, il bolo veniva levigato con un panno di lino per eliminare ogni irregolarità e rendere la superficie il più possibile liscia.
A questo punto la preparazione era terminata.
APPLICAZIONE DELLA FOGLIA
Per mezzo di pinzette il doratore poneva la lamina su un foglio di carta in maniera tale da mantenerne piana la superficie; inumidito il bolo col legante, una miscela di acqua e chiara d’uovo, rovesciava la foglia sulla parte da dorare e dopo aver levato la carta, con l’aiuto di un batuffolo la faceva aderire completamente.
Le lamine venivano poste l’una accanto all’altra con una leggera sovrapposizione dei bordi per poi essere brunite, in questo modo si otteneva una superficie dall’aspetto metallico e brillante.
DORATURA A MECCA
Lo stesso procedimento veniva seguito per l’argentatura e per quel tipo di doratura denominata a mecca.
Questa tecnica decorativa, le cui origini pare siano attribuibili all’arte cinese, consiste in una versione più economica della doratura; l’artigiano infatti dopo aver argentato e brunito il manufatto, lo ricopriva di una lacca di colore giallastro, simulando così la foglia d’oro.
Già impiegata in epoca medioevale, perdurò in Italia soprattutto nel Veneto e nel meridione.